Tutte quelle parole, tutta la voce smarrita dentro, che cerca di uscire, di rivelarsi e dire, raccontare, parlare, gridare, piangere, ribellarsi, ridere, urlare. E invece no, resta dentro, a marcire, a diventare polvere, nemmeno più ricordo, un'eco forse di altri giorni, di quando ti dicevo "ti voglio bene", di quando ti chiedevo "cosa c'è". E ti scrivevo lettere, messaggi, che tu leggevi avido, aspettavi con ansia, per correre poi ad abbracciarmi. O forse è solo un altro errore della memoria, anche questo, come tutto quello che ora porto dentro, speranze deluse, sogni, io e te sul prato, io che ti guardo giocare, io e te che giochiamo insieme, e anche la rabbia, le grida, la voce alterata. Tutto è confuso, tutto è disperso e mischiato in questo tempo che non è più di attesa.
Finito. Tutto. Questo è il sentimento. Non so se puoi capire. Non so se puoi sentire la lacerazione, come la sabbia che passa tra le dita e non c'è più, e quel granello, quello luminoso, speciale, il tuo, è perduto con gli altri. Non serve a niente cercare, scavare, è perduto. Il vento porta via l'ultimo tentativo, il grido, inutile, come tutto il resto. A che vale? A che vale?
Ma tu mi vedi? Riesci a vedermi? Qui, accanto, senza più voce, né d'amore né di rabbia. Indifferente a tutto, non differente da un sasso, un tronco caduto. Ci sono giorni che mi spaccherei il viso a forza di graffi, che vorrei urlare ai passanti per strada per essere portato via da qui, che non vorrei tornare a casa per non vederti ancora lì, anche tu cosa tra le cose. Ma tu non mi vedi. Tu non ti vedi. E non ascolti.
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