mercoledì 29 aprile 2015

De amicitia

  














Premessa
Ci sono alcuni valori a cui non verrei mai meno: sì, lo so, alcuni hanno cambiato natura, si sono trasformati con l’età, da certezze assolute si sono fatti sfrangiati, nebulosi, disomogenei. La zona di contrasto è diventata più sfumata, sono giunto a dei compromessi.
Ma alcuni valori no, non li ho mai barattati per un pezzo di pane, anche quando avevo fame, ed è di questo, oggi, che ti volevo parlare.

1.
Ci sono giorni che mi sveglio con l’angoscia di aver dimenticato qualcosa di importante da fare, da dire… Non so se hai presente, quelle mattine in cui, alzandoti, ti rendi conto di aver sprecato il giorno precedente, di avere rincorso inutilmente un pensiero. Troppo altro si affastella intorno, un mondo urge a cui non sai dare più risposte, se mai le hai sapute dare.

2.
In queste notti mi sveglio presto: ascolto i rumori della natura, osservo le nuvole rare nel cielo, il farsi del giorno. È qualcosa che avevo dimenticato, l’ascolto. Fermarsi ed aspettare che qualcosa accada intorno a te, il miracolo dell’improvviso silenzio in quell’ora che non è più notte e non è ancora giorno, quando, d’incanto, anche gli animali tacciono.
Lo so, è privilegio raro, e anche tu l’hai vissuto, in campagna, in quei posti solitari dove ancora c’è silenzio. Eppure, te lo giuro, di questi momenti ne ho vissuti anche a Napoli, nei giorni del mio primo anno di Università, ad Ingegneria, quando mi capitava di fermarmi a guardare il mare a Mergellina o spostandomi lento verso piazza Vittoria.
È condizione dell’animo, non dipende da fuori, è fare silenzio in te per ascoltare il mondo.

3.
Ma può bastare? Ce lo siamo già chiesti col Titanic (ricordi?) ed io non ho smesso di interrogarmi. Può bastare opporre il silenzio al frastuono e al caos? Può bastare l’andare lenti in un mondo che ha fretta? Non ci urge, ancora, di nuovo, dentro, come una bestemmia, un urlo lacerante che non può, non deve rimanere silenzio?
È questa la domanda che non trova risposta: come coniugare un’azione non indifferente alla necessità del silenzio?

4.
Per diverse notti sogno gli amici, quei pochi cari amici, da soli o insieme. Sono sogni dolci in cui l’amicizia dà il senso ad una vita. Mi risveglio appagato, in pace col mondo.
Esserci. Quando si è richiesti. Quando non ci si sente da tanto. Un abbraccio, lo sai, dopo mesi, anni, può bastare ad annullare le distanze, a dirci il sangue che pulsa nelle vene. Non ci sono addii, solo arrivederci, anche se sappiamo che passerà del tempo, anche se viviamo in luoghi diversi, distanti: «Vienimi a trovare».
Anche se il quotidiano ci allontana, presi e persi nella storia che è la vita: «Vienimi a trovare».
Oppure no. Basta uno squillo, il sorriso non visto che immagino al telefono, i tuoi occhi, il gesto nervoso della mano tra i capelli.
O lettere da lontano in cui dirci, con un pugno di canzoni mandate a raccontarci un mondo, una frase che illumina giorni e ci accompagna.
Non ci sono addii, solo arrivederci, anche quando sappiamo che non ci vedremo per lungo tempo. No, non è mai un addio.
«Vienimi a trovare».
È una frase che ripeto, è una frase che ripeti, e sappiamo, entrambi, che non è di circostanza. So che è vera, che lo vuoi veramente.

Promessa

Ero partito con una premessa che ora si fa promessa: la promessa è l’alleanza tra uomo e uomo, tra me e te; la promessa è non dimenticare, ricordare sempre tutto di noi; rendere viva, vera questa nostra amicizia, questo tempo distante che si dipana tra noi e ci allontana; la promessa è il silenzio e la domanda, è l’affetto che ci lega, valore a cui non venire mai meno.

martedì 14 aprile 2015

Gli inganni



a Judith Malina

La storia mi tiene prigioniera,
mi perseguita il passato...
ho sessantacinque anni e la mia grossa pancia
rotonda mi ricorda tutti i miei anni,
e forse di me non si ricorderà
che ho cercato di cambiare il mondo,
che ho scritto poesie e gridato
in teatro per scuotere coscienze,
ma solo che ho fatto un film,
un orribile film senza futuro,
senza passato...
Anche ora ricordo – i giorni
in piazza, la galera, l'amore
di Julian e di Hanon, la morte.
E tutto questo è stato,
ed io me lo porto dentro
e mi perseguitano i morti
del Vietnam ed insieme quelli
della guerra del Golfo,
Ed io vivo e ricordo,
tutti i morti, le guerre, le stragi...

La storia mi tiene prigioniera.

...


Questa poesia è datata 1992, quando a Napoli ebbi l'occasione di seguire delle lezioni del Living Theatre (conoscendo così Judith Malina) e di vedere il loro spettacolo Metodo Zero. La riprendo così come l'avevo scritta per ricordare lei che ha dedicato una vita alla lotta e al teatro.