Mio buon amico, trovo sempre più difficile scrivere, mettere su carta i pensieri che girano, girano, senza mai fermarsi. Do fiato alle parole per strada, si formano nuvolette di pensieri che si rincorrono nel cielo terso di questi giorni, immobile e silenzioso nelle ore più calde. Salgono quelle nuvolette, si gonfiano e poi esplodono senza rumore e senza colori, grigi fuochi di artificio senza voce. Ho scritto lettere bellissime in questo modo, lasciandole trasportare dal vento.
E' che non ci riesco a parlare, son diventato muto a furia di silenzi. I pensieri invece non mi abbandonano mai, sottili si insinuano quando meno me li aspetto, e poi si gonfiano come bolle, ma bolle di marcescenza, che esplodono lasciando odori pestilenziali che infettano tutto.Penso spesso alla morte, a quelle parole che scrivevo ragazzo, alla morte di nonno Giuseppe, in terza media, quando la prof.ssa di Italiano di Sergio, venuta per una supplenza, ci chiese di scrivere un tema, e io scrissi che quella mattina mio padre aveva ricevuto la telefonata che diceva che il nonno era morto, e i miei pensieri, e chiudevo chiedendo di morire prima dei miei cari con un "Ascoltami Gesù" che era un grido disperato per non sentire la sofferenza.
Disperato. Ecco, questo è il vocabolo giusto di questi giorni, di questi mesi. Senza speranza, trascinando il giorno, con la crepa che si è fatta baratro. Ma di che poi? Me lo chiedo ma non ho risposta. E' fatto di niente questo baratro, di pensieri, di parole dette e di parole non dette, di silenzi e di grida, di paura e dolore indescrivibile che fa subito inumidire gli occhi e girare il volto. Cosa c'è, mi chiedo, cosa puoi fare, mi dico, Le risposte sono sempre le stesse: niente. E questo niente ha preso corpo, è diventato un grumo presente in casa, tra tutti noi in famiglia, una presenza ostile e disperata, un nero che inghiotte tutto.
* ne è ancora fuori (fino a quando?) ma già ci sono i sintomi, il distacco, il fastidio... l'odio? Si manifesta con risposte sgarbate, scostamenti, battute cattive.
** ne è impregnato. L'odio che ci manifesta è silenzioso, ostile, fatto di monosillabi incomprensibili, porte chiuse che ci tengono fuori, rabbia e offese.
*** non ci parla più. Da quando D. è andata a prenderlo a Torino passa il giorno nel letto e la notte fuori. Torna alle 4 del mattino e niente serve con lui, le richieste di chiarimenti, le visite, la gentilezza, il rigore. Non mangia più nemmeno con noi, suprema forma di opposizione alla famiglia, già messa in atto da **. Neanche i fratelli si parlano, ostili l'uno all'altro, persi nei loro pensieri, nei loro amici, nella ferrea volontà di lasciarci fuori perché niente abbiamo da dargli, da dirgli, da offrirgli.
Con D. è un lento naufragare, un lento, costante allontanarci, un sentirsi dispersi anche se insieme. Lei combatte ancora, ma ogni sera è sempre più disperata, piange da sola, pensando che non la veda, che non la senta. Si dà forza al mattino, ma pian piano, mentre avanza il giorno, e poi quando arriva la notte, le forze la abbandonano e anche lei non vede più vie d'uscita intorno ed anch'io, che ero il suo scudo, sono venuto meno. Facciamo le cose che vanno fatte, la spesa, cucinare, i servizi in casa, ma è un dover fare, non c'è gioia in nulla. Cosa resta di noi? Lo sfaldamento è tale che basterebbe un soffio per vederci disperdere tutti in direzioni diverse.
Io, finita la scuola, ho sentito il peso di tutto. Il pensiero della scuola, delle lezioni, degli alunni, mi faceva compagnia, mi teneva occupata la mente, ora no, dal risveglio a sera sento quei pensieri che marciscono, quelle parole che restano dentro, che si sono fatte un mostro che divora ogni cosa, e mi resta il silenzio senza pace, fatto dolore e sangue e inutilità, apparenza di vita.
Se non rispondo, se non ti chiamo, è solo per questo, amico mio. Non c'è nulla da dire. Non te ne avere a male. E' questa appocundria, che il caldo fa aumentare, crescere, diffondersi. Non ti preoccupare. Non c'è niente che puoi fare o dire per cambiare le cose. Passerà come passa ogni giorno, così come è venuta. E allora ne potrò sorridere e ne potrò parlare.
(luglio 2021)
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