mercoledì 22 aprile 2020

Diario ai tempi del Coronavirus (19-22 aprile)


19.04.2020 h. 23:32


Ci sono giorni senza pensieri di cui restano solo sensazioni e qualche immagine che ti accompagna fino a sera.
La rabbia "difficile" di mio figlio. Il silenzio improvviso del primo pomeriggio. Il buio della soffitta. I libri sparsi sulla scrivania. Il rumore dell'acqua della doccia. Il riflesso del sole sul vetro. L'odore buono dalla cucina. I pensieri aggrovigliati. L'immagine di un sogno che torna alla mente: la spiaggia vuota, il mare autunnale, il sole che tramonta.



20.04.2020 h. 23:34

I giorni si susseguono uguali. Cambiano piccoli particolari, come il cielo, l'umore, le canzoni, ma per il resto un giorno vale l'altro. Anche se cerco lievi variazioni sul tema, un libro, una frase, un film, si accumulano le ore una sopra l'altra in modo inesorabile. La quarantena ha aggrovigliato i pensieri, ha affannato il respiro del cuore. "Non c'è cosa più amara che l'alba di un giorno in cui nulla accadrà". 
E c'è un rumore di fondo che non smette mai, che anche quando vado a dormire gira e vibra tra i pensieri e mi sveglia d'improvviso di notte. "Please could you stop the noise?".


Poi ci sono momenti in cui tutto ritorna calmo e tranquillo, come ora, in cui i pensieri vengono pettinati da una pace, da un sorriso e tutto trova il suo posto come in "un posto tranquillo, illuminato bene". Ed aspetto con fiducia domani.

Lo steddazzu (Cesare Pavese)

L'uomo solo si leva che il mare è ancor buio
e le stelle vacillano. Un tepore di fiato
sale su dalla riva, dov'è il letto del mare,
e addolcisce il respiro. Quest'è l'ora in cui nulla
può accadere. Perfino la pipa tra i denti
pende spenta. Notturno è il sommesso sciacquio.
L'uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami
e lo guarda arrossare il terreno. Anche il mare
tra non molto sarà come il fuoco, avvampante.
Non c'è cosa più amara che l'alba di un giorno
in cui nulla accadrà. Non c'è cosa più amara
che l'inutilità. Pende stanca nel cielo
una stella verdognola, sorpresa dall'alba.
Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco
a cui l'uomo, per fare qualcosa, si scalda;
vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne
dov'è un letto di neve. La lentezza dell'ora
è spietata, per chi non aspetta più nulla.
Val la pena che il sole si levi dal mare
e la lunga giornata cominci? Domani
tornerà l'alba tiepida con la diafana luce
e sarà come ieri e mai nulla accadrà.
L'uomo solo vorrebbe soltanto dormire.
Quando l'ultima stella si spegne nel cielo,
l'uomo adagio prepara la pipa e l'accende. 


21.04.2020 h.23:23



E' sempre più forte la fatica di una scuola che opera a distanza. Io, almeno, sento ogni giorno di più il peso di questo tempo vissuto su una sedia davanti ad uno schermo. Di che scuola parliamo quando parliamo di DaD? Questa che inventiamo quotidianamente, che mima una normalità che non c'è, o quella fatta da incontri serali in cui poter finalmente parlare, dirci paure e sogni? Io credo che ora come ora manchi la "noia" delle ore in aula, la risata e lo sbracciarsi, l'uscita e la chiacchiera, la vicinanza di corpi e sguardi che ripercorriamo in queste ore serali rubate alla famiglia. La fatica della distanza inizia a pesare perché mancano i compagni e quel tempo mattutino in cui la relazione viene trasmessa anche dal corpo che si muove tra i banchi.
Ma la fatica è anche in casa nella diversa relazione con i miei figli: chi non parla, da giorni potrei dire, e vive questo tempo completamente perso dentro uno schermo; chi vive di chiamate con amici, rabbia, passioni tristi e per fortuna ancora parole; chi è in attesa di qualcosa che per ora non può avere... Ognuno di noi è perso, disperso, e forse ora mi accorgo della mia incapacità, della mia inadeguatezza ad esserci.
I giorni sono tutti uguali e anche le notti. Di giorno il computer, le parole; di notte il sonno spezzato da continui risvegli ed i sogni senza senso di un passato lontano mischiato ad un presente incerto, sospeso.
Gli oggetti mentre scrivo mi guardano: c'è un pupazzetto, un giocatore di football americano, che ho con me da più di trent'anni, che mi guarda, sorride di un riso furbo, che sa ma non dice; c'è una lampada che getta strane ombra alla luce fioca del computer, che si allungano sul pavimento verso di me; ci sono fotografie da cui spuntano visi pronti a parlare ma che tacciono ancora...
Forse questo diario è diventato solo lo sfogo dei pensieri del giorno, ricettacolo di ciò che resta, di ciò che si salva dalla bocca del leone, la pattumiera dell'umido, non so. O forse è solo che lo scrivo tardi, quando ormai il nero della notte è tutto intorno e la luce dell'alba è ancora di là da venire. Ma non è forse vero che nel buio più profondo si nasconde la luce?



22.04.2020 h. 17.56

Provo a cambiare orario di scrittura per vedere se cambiano anche i pensieri.
Stamane sono uscito dopo 5 giorni. La pioggia che cade distanzia ancora di più i passi tra le persone. Cammino lento, senza pensieri, con mascherina, guanti ed ombrello (un po’ come le pinne, fucile ed occhiali di Edoardo Vianello), 


bardato come per un combattimento mortale.
Poi letture sulla scuola e sull’esame, lezioni, compiti, la nuova quotidianità… No. I pensieri non cambiano. Per oggi basta così.



h. 23:15
Sarà che, come scrivevo come battuta a Pino, ci sarebbe bisogno di una videochiamata anche con i figli, oltre che con gli alunni e i parenti e gli amici. Anche con loro, forse, dovrei pensare a un incontro in cui, divisi dalle camere, ci connettessimo per parlare attraverso gli schermi per ritrovare il contatto che a volte sembra manchi, quando ci incrociamo per casa o ci ritroviamo a pranzo. Ognuno di noi è solo. Forse riuscirei a dir loro le cose che ora appena pronunciate sembrano atti di accusa a cui rispondono con rabbia. Forse, non so. Intanto i pensieri si sono di nuovo aggrovigliati.




(Testi pubblicati, con modifiche, su Cronache di una pandemia, in Totem magazine, https://www.totemmagazine.it/)

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