mercoledì 18 ottobre 2023

Il Terzo Reich


 

No, la videoistallazione di Romeo Castellucci non mi ha convinto. E non perché non sia importante il tema affrontato (l'eccesso di parole da cui siamo sommersi e che divengono insignificanti) ma il modo in cui lo tratta. D'altra parte Castellucci e la Socìetas sono da sempre attenti al discorso sul linguaggio, e in ben altro modo lo avevano trattato in Giulio Cesare - Pezzi staccati ma anche in Sul concetto di volto nel figlio di Dio.

Qui, invece, l'immersione nel cupo suono rimbombante, con le parole che dilagano sullo schermo, una dietro l'altra, mi ha ricordato le serate futuriste, il voler esclusivamente provocare lo spettatore (diverse persone dopo i primi 15' sono uscite dalla sala). E non mi convince nemmeno la riflessione di qualcuno che suggeriva, vista la presenza esclusiva di sostantivi, il tema sacro (anch'esso caro al gruppo teatrale) della privazione del Verbo nel nostro oggi. No. A me pare, piuttosto, la messa in rilievo di cui da anni e da più parti si discute - umana, troppo umana -, della perdita di senso della parola («Le parole sono importanti» rimarcava Nanni Moretti in Palombella rossa). Oggi siamo aggrediti dalle parole, ci dilaniano, ci sommergono e, ad un certo punto, perdono il loro significato.

Delle 15.000 che si sono susseguite sullo schermo ne ho mantenute solo alcune, quelle che rimandavano al linguaggio sessuale (pompino, cazzo, vulva...), alla violenza (sangue), alla società (capitale), ma mi è rimasta in mente una in particolare che alludeva a quello in cui mi sono sentito sprofondato: abisso.

Il momento iniziale, con una ieratica sacerdotessa che, prima nel buio e poi alla luce di una candela, compie gesti che vorrebbero alludere ad un significato altro - per me inconoscibile -, o forse dar vita alla nascita della parola, resta distaccato dal resto e, in definitiva, insensato, come il resto. 


Visto il 26 settembre 2023 nell'ambito del Città delle 100 scale Festival.

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