martedì 5 maggio 2020

Fase 2


Ieri non sono uscito. Sono usciti i miei figli (tutti e tre), mia moglie, tantissimi potentini (dal balcone ho visto un via vai come non lo vedevo da marzo) a piedi, in gruppo, in macchina, con gli animali, di corsa, in bici.
Ieri non sono uscito, non perché non ne avessi voglia o fossi stanco (di che, poi) ma perché non mi piace questa sorta di "tana, libera tutti" o "tingola per me e per tutti", in cui tutti escono riprendendo a fare, come se nulla fosse accaduto, quello che facevano prima della quarantena. Capisco il bisogno di libertà, capisco il desiderio di normalità, ma ci sono stati morti, malati, che non possono essere dimenticati. Troppo presto e troppo spesso dimentichiamo il passato (anche quello recente) e se questo tempo diverso non ci ha insegnato nulla, a niente saranno valse quelle morti.
Cosa dovrebbero averci insegnato? Il rispetto e l'attenzione, innanzitutto, di noi stessi e degli altri, di un albero e di un animale. La cura delle cose che ci circondano, che sono fragili, anche degli oggetti che possono avere una vita più lunga di quella che abitualmente assegniamo loro. Una economia non dell'uso e dell'abuso, invece solidale, attenta.
Il cambiamento interiore auspicato, quello di un tempo liberato, tutte le utopie immaginate, tutto il lavoro svolto da tanti, tutto questo sarà stato inutile.
Se tutto tornerà come prima a nulla saranno valsi i sacrifici, le sofferenze, le belle parole. 

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