sabato 28 marzo 2020

Diario ai tempi del Coronavirus (18-23 marzo)






18.03.2020 h.19:27

Messaggi

Gli amici mi scrivono, ci vediamo sulle piattaforme video, al telefono. È l’altro lato della medaglia del Covid-19. In mezzo a tutto questo dolore, questa preoccupazione che ci coglie a volte fino a toglierci il fiato, arrivano messaggi in bottiglia, parole di affetto e di conforto. 
A tutti coloro con cui mi sento in chat rispondo grato. Viviamo tutti come sospesi in questi giorni, aspettando il peggio e sperando non arrivi mai. La Basilicata che sembrava ancora un'oasi di pace, non lo è più. Sta arrivando la tempesta? 
So come ti senti. So come ci sentiamo tutti. Leggo i messaggi. Ti sento vicina. Vi sento vicini. 
Sono tempi strani, giorni tempestosi di pensieri assurdi con la necessità di tenere la rotta. E per farlo sono importanti questi audio, questi messaggi, il viso, la voce. 
Intanto sopravviviamo al nostro malcontento, allo sgomento e alle rabbie (e dolori) improvvisi. Con chi mi vedo in video o sento (anche quotidianamente) al telefono si può scherzare, si esorcizza la paura con battute, e risate. 
Ma non è solo per dire che ripeto a tutti, a tutti, che torneremo presto ad abbracciarciTi abbraccio forte, mia cara.


20.03.2020 h. 21:20

Oggi niente. Nessun pensiero. Nessun nome. Nessuna lettura interessante. Nessuna canzone. Ci sono giorni così, anonimi, come ce ne sono tanti. E invece c’è tanto in questo giorno: ci sono le crepe nei rapporti familiari, le arrabbiature e le incomprensioni, C’è il tanto tempo passato a computer o cellulare a fare lezione, parlare coi colleghi, correggere i testi degli alunni, rispondere alle richieste, preparare video, cercare su internet materiali… E’ la didattica a distanza, baby.

La scuola. Questo tempo straordinario ci ha spinto a comportarci in modo “ordinario”, mantenendo i contatti, restando punti di riferimento, gioendo nel rivedere i volti degli alunni, affidando loro anche un testo da scrivere, una riflessione da fare. Ma tutto questo non sostituisce il contatto dell’aula, la presenza fisica dei corpi nello spazio stretto della scuola.
Ma siamo in tempi straordinari. 

Tornerà anche il tempo dell’aula e forse, chissà, rimpiangeremo questi giorni di “libertà” dagli impegni orari, rimpiangeremo il tempo vuoto della mattina. Io no. Questi giorni sono una pausa. Una pausa dall’incontro, come quando, da ragazzi, si scriveva all’amata lontana dicendo 

“non vedo l’ora di rivederti”



21.03.2020 h. 7:50

Nell’abbraccio mancato

Qui, in casa, negli schermi
di computer e telefoni alla ricerca
di un senso, una parola
che dia significato,
occhi negli occhi, sorrisi,
sguardi assonnati, cercare,
cercare ancora e ancora, senza sosta
l'ordinario nel tempo straordinario
della quarantena, perché la luce,
sì, la luce, è qui, tra queste
ombre, nascosta eppure visibile,
lontana, oltre i giorni che mancano,
ma vicina, nell'abbraccio mancato,
nelle parole taciute e che pensiamo,
tutti, insieme, e che forse non diremo,
no, neppure domani,
quando ci incontreremo.

h. 12:48



Ho scritto questa poesia di getto, e casualmente proprio nella Giornata mondiale della poesia che si celebra dal 1999 proprio in coincidenza con l’inizio della primavera. Anche in questa piagata primavera ho sentito il bisogno del verso, della parola, umile fiammella di speranza nel buio dei giorni. 



Oggi sono uscito. Ho convinto mia moglie, che era impegnata, che potevo uscire io a buttare la spazzatura ma poi, per evitare che uscisse lei più tardi per fare la spesa, mi sono allungato in via Pretoria per comprare pane e mozzarelle. 



Noto che all’esterno ci sono soprattutto anziani (quelli a cui è più consigliato di rimanere in casa). Immagino che per alcuni di loro sia una necessità assoluta uscire, per la spesa, lo stipendio, servizi improrogabili. Alla latteria parlo dalla distanza con un gentile signore: commentiamo questi giorni, mi dice che alle poste fanno entrare due persone per volta con due soli sportelli aperti (e io immagino la fila, oggi, per chi deve ritirare lo stipendio). Aspetto il mio turno paziente, d’altra parte cosa ho da fare di così urgente? Si entra uno alla volta anche se sulla porta c’è scritto che si può entrare in due (ma perché io dovrei spezzare la prudenza avuta dagli avventori che mi hanno preceduto?). 

Tornando ascolto i commenti di tre persone affacciate alla finestra. Una si lamenta di quanto ha dovuto pagare 3 mascherine (60 €), maledicendo i commercianti. Le dicono di denunciare e che è una vergogna. Sono tempi ben tristi se si lucra sulle paure e sulle sofferenze altrui. 

A casa sono tutti impegnati con incontri o compiti da consegnare. Non c’è più la percezione che oggi è sabato. Ogni giorno è uguale all’altro, tutti si susseguono con lo stesso andamento. Non c’è l’uscita serale con gli amici, non c’è il locale, il cinema, la gita. Oggi è come ieri e come sarà domani. 

Ma la luce, anche se oggi non la vediamo ancora, c’è. Lontana, forse, sommersa dal buio della paura, della conta dei contagiati, dei morti, ma c’è. E quell’abbraccio promesso e oggi mancato ci sarà, lo so, e sarà più bello.



22.03.2020 h. 18:31

Pensieri sparsi di una domenica di marzo passata a leggere dati, notizie, testi latini, fumetti; a scambiare parole dalla distanza con alunni e colleghi, parole da vicino con figli e moglie.

Sono un uomo e tutto ciò che è umano mi riguarda”.

La pandemia ci costringe a ripensare alla vita e alla morte, alle scelte, al passato e al futuro non solo nostro, piccolo e individuale futuro, ma a quello di tutti gli uomini.

Lei ha torto, signora; ha torto assolutamente. Riconosco che non lo avevo considerato, che non ci avevo neanche pensato, ma so con esattezza quello che lei sente, e non c'è niente nel modo più assoluto che suo figlio sente per mia figlia e che io non abbia provato per Christina. Vecchio? Sì. Avvizzito? Sicuro. Però vi dico che i miei ricordi ci sono tutti, chiari, intatti, indistruttibili, e così rimarranno dovessi campare cent'anni

L’intervento di Conte di ieri sera ci ha colto mentre stavamo guardando Indovina chi viene a cena?, il film di Stanley Kramer, interrompendo il discorso finale di Matt Drayton. Siamo rimasti ammutoliti.

Stesso desiderio di morire poi rivivere

La giornata era cominciata con le canzoni di Battisti in testa sin dal risveglio: Vento nel ventoI giardini di marzoAncora tuUna donna per amicoEmozioni… l’intera colonna sonora della mia giovinezza rispuntata chissà come nei sogni della notte. Stamattina invece silenzio.

Le menzogne della notte

Ogni notte mi sveglio. Due, tre volte a notte. Alle 2, alle 4, alle 5. Faccio un giro per casa. Controllo che tutto sia a posto. Che gli oggetti siano dove li ho lasciati la sera prima, che tutto abbia il suo luogo tranquillo, i figli nel letto, le stoviglie riordinate, i libri nelle mensole. Durante il giorno poi ci sarà disordine tra fogli sparsi, libri su ogni scrivania, caricatori di telefono, computer, ma di notte, nel silenzio della casa, ogni cosa deve essere in ordine, come se fossero gli oggetti a pensarmi (a sognarmi?), ad avere sentimenti.

Ho corso su e giù per ogni parquet dietro ad ogni palla persa per te. Hai chiesto il mio impegno ti ho dato il mio cuore perché c'era tanto altro dietro

Dieci anni di basket. Dai Lions all’Invicta alla Timber. A questo penso mettendo a posto le tante maglie da gioco di Michele. Ma questa è un’altra storia.


Il selvatico che c’interessa non è la natura il mare la selva ma l’imprevisto nel cuore dei nostri compagni uomini


23.03.2020 h. 19.41

Michele

Stamattina ho fatto una corsa sotto casa con Michele. Me lo aveva chiesto da alcuni giorni perché, oltre alla breve uscita al supermercato, non era più uscito in questi 13 giorni. Così alle 6:30 l’ho svegliato e poi alle 7:20 siamo scesi. Il percorso fatto è stato intorno al parco di Montereale (io 2 giri, lui credo 15), e mentre io stremato lo aspettavo sotto casa, lui è tornato come rinato alle 8:00. Piccoli gesti quotidiani tra di noi creano vicinanze dimenticate, discussioni pacate su letteratura, vita, paure.

Poi si riprende: lezioni (oggi la piattaforma ha dato qualche problema di connessione), contatti coi colleghi, correzione testi, chiacchierate affettuose, in cui l’abbraccio è sostituito dalle parole, lievi come carezze.

Ritorno a Michele, al basket. Dieci anni fa mia moglie lo portò in palestra a Montereale, dove si allenavano i Lions di Peppino Di Camillo. Da lì è nato per lui un amore profondo per questo sport, con ricordi credo indelebili (almeno per me): le partite nei campionati regionali, il Trofeo delle Regioni nella rappresentativa 2002 a Bologna, i tornei in Molise, a Roma, in Calabria, alla Vito Lepore, i campionati di Eccellenza con l’Invicta con le lunghe trasferte, quest’ultimo campionato con la Timberwolves, gli allenamenti – 4 volte a settimana -, gli amici del basket, compagni da sempre, le lacrime e la gioia, tutto un mondo di emozioni. Sono un po’ triste pensando che l’anno prossimo, con l’Università, tutto questo non ci sarà più (e credo mancherà anche a lui, come gli sta mancando in questo tempo di sosta forzata). Ci sono però i ricordi, e quelli non glie li toglierà nessuno.
L’ho seguito ai margini, sugli spalti, di lato. Spesso parlandone, spronandolo o ammonendolo, scrivendogli, perché da sempre ho scritto, da quando ne ho memoria. Per ora non ne parliamo, non è un argomento che rientra (e non potrebbe essere diversamente) nei nostri discorsi. Ma so che verrà il momento in cui ne vorrà parlare, si vorrà confrontare. Ed io sarò là, ad aspettarlo, ad ascoltarlo.


(Testi pubblicati, con modifiche, su Cronache di una pandemia, in Totem magazinehttps://www.totemmagazine.it/)

Nessun commento:

Posta un commento