venerdì 24 ottobre 2014

Una città





Città, città, frenetico fragore -
da quale fondo di violenza inaudita,
da quale abuso sfrenato di potere
è venuto il tuo nome alla vita?
Città, città, malata nella carne,
le piaghe sull’asfalto come buchi nelle vene,
salotti ad uso del proprio mestiere.
Luminaria da operetta, come automi
i tuoi viventi, nelle pieghe del sociale,
tra i deliri di chi sale e di chi scende.
Città, città, di ludibrio e di cultura,
cantiere sempre aperto sopra un martoriato,
corpo da palazzi postfascisti risventrato,
ogni quartiere come un ragazzo abbandonato,
tuo sangue, vita, carne, strada macinata,
clacson urlanti, urenti sere, pozza urinata...

Città, città, assurda costruzione -
ma voi cosa vedete? Città, città,
città cosa? E cittadini di che?
Mia città, mia serranda che chiudi tutto,
tutto lasci fuori, quello che non comprendi,
quello che non ricordi, e niente apprendi.
Città, città balera, città galera
che muore a poco a poco, lentamente
con un tossire leggero, un ansimare,
città, insensata, città marcescente
che hai cari i denari, i circoli, i salotti
tu che non vedi e che non credi a niente -
schermi sul vuoto accesi, falso amore,
calci a un pallone, e del resto te ne fotti -
mentre intorno tutto muore e non lo sa,

mia città, mia vita storta, assurda età...

(1999)

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