«Mi chiedi del naufragio, un naufragio che è già in atto da tempo. Ma io non so scrivere di naufragi né di altro. Navigo a vista, osservando quello che conosco, senza un porto sicuro verso cui dirigere, ed anche il luogo dal quale sono partito l'ho dimenticato. Ripeto, navigo a vista, osservo, intorno, le zattere degli amici: alcune mi fanno compagnia, altre sono scomparse da tempo sommerse dai flutti, altre ancora hanno raggiunto il loro porto sicuro o ci navigano verso. Io solo aspetto, "teso all'ascolto, col fiato sospeso".
Ora che non c'è vento posso
parlare, perché la voce non si disperde. Quando si alza il vento, o
tra le zattere passano barche a motore, null'altro si sente se non un
rombo di tempesta e il gridare di noi è vuoto, ci ritorna contro
come, come il dolore di una ferita riaperta. Ma ora non c'è vento e
posso chiamare il compagno per nome, scambiare un saluto dalla
distanza, ricevere un sorriso d'intesa.
No, non c'è naufragio, ma lento
andare alla deriva, quasi senza accorgersene, con i brandelli di
memoria a tenerci compagnia nell'attesa che arrivi la notte. Sono la
nostra forza, la nostra miseria, il resto della giornata appena
trascorsa. Se fosse naufragio non ci sarebbe tempo di pensare: solo
un grido e poi uno scendere a fondo, "nel gorgo, muti". Ma
qui c'è spazio ai pensieri, giorno dopo giorno, domani dopo domani,
e poi l'altro e l'altro ancora. Tutto uguale, nulla muta, nemmeno la
speranza, straziante, che l'amore possa salvarci, un amore. L'inganno
è sperare che qualcosa muti, che ci sia ancora tempo per un altro
bacio e un altro addio, ma non c'è mai tempo, perduto dietro il
niente... forse ne abbiamo troppo.
Ma non era questo, aspetta, che
volevo dire, sì, il naufragio, IL naufragio.
Non è il Luogo, Meta, Porto che
cerco, quello dietro cui, perduti, troppo spesso dimentichiamo il
luogo di passaggio, questo mare. Non è di passaggio, è altro. Ci
sono colori e odori che non cogli se non butti un sasso legato, una
pietra per fermarti; ci sono pesci che non vedi se guardi troppo
lontano o troppo in alto o anche solo se guardi esclusivamente la tua
zattera.
Soffermarsi, questo cerco, nel
naufragio di ogni giorno. Ma questo è il sogno del naufrago, la sua
scusa banale all'incapacità della rotta. La notte mi smentisce
quando, da solo con le stelle, sono preso dall'angoscia dell'oggi,
dall'inquietudine che il nulla porta con sé.
La notte mi smentisce e mi accusa
di questa accidia, della stanchezza, della fuga, dell'inedia,
dell'orrore, dell'errore... Arriva improvvisa, dopo un tramonto che
promette gioie inattese, riposo ai desideri. La notte getta la
maschera, l'iceberg è davanti e non c'è nascondiglio. Enorme
biancheggia la luna o il suo riflesso, ma intorno è buio, e sei solo
coi tuoi pensieri e il tuo iceberg nel cuore. E aspetto, aspetto
sempre l'alba, tremando, pregando che arrivi presto a dissolvere le
paure dell'essere perso in un universo sconosciuto, tra volti
anonimi, nel vuoto.
Poi arriva l'alba.
Ma forse confondo, forse nel
naufragio siamo tutti, persi, dispersi dietro un sogno, una speranza,
un'illusione, ognuno con le sue certezze ("credo, anzi ne sono
certo, è così...") e al porto sono io, il porto della
disillusione. Ma davvero credo che nel naufragio ci sia il mondo
intero che corre veloce tra guerre, distruzioni, incomunicabilità,
consumismo, orrori vari del nostro tempo, mentre prosegue, come
sempre, "la festa in prima classe".
Se c'è il racconto di un
naufragio che ben indica il nostro oggi quotidiano è quello del
Titanic (narrato poeticamente da H. M. Enzensberger: mentre la nave
affonda l'orchestra continua a suonare e sui battelli si salva la
prima classe o i furbi o gli armatori corrotti). Che altro naufragio
narrare dopo questo? Non li rappresenta tutti i nostri piccoli
naufragi quotidiani? Il naufragio di un amore, di un sogno, di un
lavoro, di una fede, di un ideale, di noi stessi. Non rappresenta il
naufragio di un'epoca che oggi vive il suo trionfo? Non siamo già
naufragati tutti ed il resto è solo sogno, il sogno che non sia già
troppo tardi? Vorrei credere che non sia questa la fine che ci sia
spazio al NOI e che sia infine spento questo egoismo che pure mi
appartiene.
Banalità, dirai. Io davvero non
so. Ma cosa sono, allora, tutti questi relitti che danzano
nell'acqua?
Foto ingiallite, pezzi di legno,
ritagli di giornale, valigie vuoto, un maglione inzuppato, biglietti
di auguri, fiori secchi, lettere d'amore... Oggetti di una vita
dispersi tra altri mille e niente conta più davvero, nemmeno quel
sogno a cui ostinatamente ci lega lo sguardo puro di un io ragazzo.
Ma io ti dovevo parlare di un
naufragio e non so, invece, di cosa ho vaneggiato, qui, da questa mia
solitudine.
Dalla mia zattera, a voi, felice
viaggio, in attesa di una terra».
Conclusione provvisoria
E allora. Non so bene cosa dirti,
oggi. E' che mi sento strano, senza riferimenti, una sorta di
naufrago che ha intorno solo mare. Dovrei navigare a vista, smetterla
di sognare le isole tropicali piene di palme e bambù, luoghi a
misura d'uomo in cui gli incontri sono veri, ma non riesco.
Lontani i porti, io rimango nella
bonaccia di settembre a guardare le nuvole che annunciano pioggia.
(1999)

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