venerdì 8 agosto 2025

Note minimali per viaggiatori a piedi 3 - paesi lucani

 



Non è una mappa. Ancora una volta sono note minimali che ripercorrono alcuni dei paesi girati in questi anni di cui resta una foto, un viso, una emozione. D'altra parte spesso i luoghi ci colpiscono per un particolare inusuale, oppure non ci comunicano alcuna emozione. Oppure li ricordiamo per una sensazione di apertura, di vento che asciugava gli occhi e i pensieri, di pace, ma, tornandoci, non ritroviamo nulla, solo più pale eoliche, una desolazione più forte, strade vuote e qualche cane.

A Marsico Nuovo ci siamo arrivati di sera, senza neanche averlo preventivato, dopo aver accompagnato mio figlio a un compleanno. La strada ci ha portato lì, a percorrere strade deserte fino alla piazza Georges Brassens. Del paese non ricordo altro, solo la strada per arrivarci, il silenzio, la luna.

Il sole caldo e le case bianche. Intorno i calanchi, paesaggio tipico della Lucania. Pisticci ci ha offerto il silenzio della controra, una lunga passeggiata fino alla Chiesa madre, chiusa. La costa offre panorami intensi al mattino e la foce del fiume Cavone.

I paesi della costa ionica si susseguono: Nova Siri, Policoro, Pisticci, Scanzano, Metaponto. Più dei lidi mi attirano i paesaggi abbandonati, gli spazi aperti e desolati.

A Vaglio si arriva in un attimo e si sale, ma senza arrivare ad uno spazio aperto che apre lo sguardo. Più bello è il nuovo percorso escursionistico che da piazza dei martiri arriva a Serra di Vaglio attraverso tratturi. Serra di Vaglio offre una pausa nel percorso, un proiettarsi in un tempo antico. La prosecuzione del percorso è brutta, molti tratti su asfalto, pochi spunti allo sguardo prima di tornare a Vaglio.

A Cancellara si sale attraverso vicoli stretti per arrivare in chiesa. Ricordo un funerale con tanta gente e, nel chiostro, la presentazione di un libro sul dialetto.

Bernalda è grande, ma se la attraversi tutta ti trovi in vicoli stretti, case antiche. La chiesa di Bernalda è in uno spazio aperto, c'è bisogno di respiro.

Viggiano è cambiata in questi anni, ma la scuola è come 30 anni fa, solo che adesso si vede il centro oli. Più macchine in giro, il segno di una ricchezza che non ha toccato tutti e che ha tolto molto al paesaggio.

Gli anni di insegnamento mi hanno portato anche in altri paesi, legati soprattutto agli alunni: Grumento, Montemurro, Moliterno; Rionero, San Fele, Atella. I ricordi dei luoghi sono confusi, ricordo le persone, però, i nomi, e soprattutto i visi. 

Tra Pietrapertosa e Castelmezzano c'è un percorso da fare a piedi. Non mi attira il volo dell'angelo, mi attira camminare lungo il rio Caperrino per attraversare lo spazio tra i paesi posti uno di fronte all'altro a sfidarsi, a specchiarsi.

A Sasso di Castalda siamo andati in Agosto, per il compleanno di Delia. Era una delle prime volte senza figli, che non ci seguivano più. Abbiamo percorso il Ponte tibetano detto "Ponte alla luna". E' stato bello guardare dall'alto e sentire il soffio del vento.

Ad Anzi c'è un osservatorio per guardare le stelle. Non arriva la luce a nascondere il cielo, anche il paese ha luci fioche che lo rendono quasi un presepe. In alto il cielo e le stelle, in basso la fuga dei tetti. Come Guardia Perticara, che ha un angolo, in cima, che domina tutto intorno e da dove si vedono le tegole dei tetti degradare verso il fondo.

Di Calvello ho il ricordo di un rudere, un palazzone che si erge a dominare e si raggiunge percorrendo stradine strette. Era chiuso, però.

Melfi ha il suo castello che domina la valle. Ci ho vissuto a fianco per quattro anni: era un buon amico nelle sere invernali.

Di Montescaglioso ricordo le case bianche nel caldo di un pomeriggio estivo.

Albano è arroccato sulle colline. Si sale lungo i suoi vicoli stretti alla ricerca dell'aria, di un belvedere che apra lo sguardo. Ma lo sguardo è lì: sui muri delle case, sulla pietra, sui visi della gente.

Grottole si vede dalla strada e si riconosce per quell'arco sul nulla, l'arco della chiesa diruta che si affaccia sul vuoto. Sembra dire quanto fragile sia la costruzione umana e su quanti difetti si fondi la bellezza. Come Laurenzana, che ha la bellezza dei paesi sospesi, quelli spinti verso l'alto e che terminano con un castello su uno sperone di roccia. In alto il cielo, in basso la fuga veloce dei tetti e la valle aperta.

Oppido lucano è il paese di mia moglie e della sua famiglia. Mi rimane negli occhi il cimitero e l'odore della salsa, preparata e cotta coi miei suoceri.



Note minimali per viaggiatori a piedi 2 - costa ionica lucana

 



Terzo Cavone

Con Delia la domenica in estate cerchiamo di ritagliarci delle ore lontane da pensieri. Un posto a lei caro della sua giovinezza è Terzo Cavone, dove, attraversata una pineta, si giunge su una spiaggia quasi deserta. Da lì, poi, passeggiamo lungo la riva del mare in una direzione o nell'altra. E' così che è nata l'idea di farci tutta la costa ionica lucana a piedi a tappe, avendo come scopo quello di raggiungere le cinque foci dei fiumi lucani: Bradano, Cavone, Basento, Agri e Sinni.. 

Solo quest'anno (il terzo) abbiamo concluso il percorso. La tratta non è lunga, ma sono i nostri tempi che lo sono, ed in fondo percorrere questi tratti è prendersi il tempo del respiro, senza la corsa quotidiana, allargando lo sguardo sul paesaggio, senza la fretta che attanaglia i giorni di scuola.

1. Dal lido di Metaponto al Bradano (9 settembre 2023)

Direzione Puglia. Sabbia. Si attraversano lidi con musica. Dal Bradano si passa in Puglia.


2. Dal lido di Metaponto al Basento (17 settembre 2023)

Il paesaggio non cambia. Si attraversano lidi fino ad arrivare al Porto degli Argonauti (girato tutto intorno a piedi il giorno seguente).


3. Da Porto degli Argonauti a Marina di Pisticci e alla foce del Cavone

Al Cavone eravamo già stati nell'agosto del 2022 per un concerto all'alba, forse la più bella tra le foci. Non cambia il paesaggio che diventa però alternato, un po' rude e abbandonato, seguito da lidi.


4. Da Terzo Cavone al Cavone e a Scanzano

Da circa quattro anni Terzo Cavone è il luogo dove ci rifugiamo le domeniche mattina da luglio fino ad ottobre. Rapide fughe in una spiaggia solitaria e bellissima. Da lì è facile raggiungere la foce del Cavone da un lato e Scanzano Jonico dall'altro. L'abbiamo fatto talmente tante volte che ne ho perso il conto.


5. Da Scanzano Jonico alla foce dell'Agri e al Porto turistico Marinagri

Una lunga camminata nel luglio 2024 per arrivare e superare la foce dell'Agri. La costa è erosa dall'acqua. Facciamo anche un giro a Marinagri spingendoci poi verso Policoro. La sabbia lascia il posto alle pietre.


6. Da Policoro alla foce del Sinni

Ultimi percorsi fatti quest'anno a luglio. Policoro è ventoso ed è tutto pietre, Difficile camminare a piedi nudi. Dopo un po' finiscono i lidi e rimane un paesaggio brullo ma affascinante, fino alla foce del Sinni. 



7. Da Nova Siri al Sinni e in Calabria

L'ultimo tratto lo facciamo da Nova Siri prima in direzione del confine con la Calabria, e poi torniamo indietro, lungo la spiaggia selvaggia verso Policoro (si chiama proprio così)
fino a raggiungere di nuovo il Sinni.




venerdì 28 febbraio 2025

In tenda - appunti

 


 



Non ho esperienze di notti in tenda se non due a distanza di 25 anni l'una dall'altra. A chi mi raccontava di campeggi, cibo cotto sul fuoco, montaggio di tende, notti a guardare le stelle, escursioni in canoa, rispondevo con i miei pomeriggi in bici, la mia casa al mare, le nottate in spiaggia. Il tempo però rendeva distanti quei giorni a osservare i disegni nel cielo, soprattutto le notti sotto le stelle, cancellate dalle luci intorno che illuminavano a giorno la spiaggia.

La prima volta fu nell'agosto 1997 con Giulio, l'amico dell'Orientale e del teatro, del CUT, dell'Assedio di Numanzia e dei pomeriggi al bar a "steccare" un caffè o una sigaretta. Partimmo in macchina destinazione Puglia. Venivo da un anno strano, il mio primo anno di supplenza annuale al classico di Viggiano, un anno di incontri, teatro, lezioni, errori e sbandate personali. Mi sentivo vivo. Giulio era il compagno con cui parlare di noi, dei sogni passati e del presente, tra battute e serietà, alla ricerca di quel noi che avevamo condiviso. Ricordi Giulio? Andammo al matrimonio di Paolo e Manuela (i colleghi conosciuti a Viggiano), mangiammo scatolette riscaldate sul fornello, visitammo Lecce e Otranto, parlammo di donne e politica, scuola e teatro, scambiandoci sogni sotto le stelle, l'attesa. Dopo quel viaggio (delle notti in tenda ricordo l'umido) ne abbiamo immaginati altri insieme, sempre rimandati a tempi migliori che non arrivano mai, ognuno perso nei suoi dolori, nella sua vita uguale e diversa. Ma lo faremo quel cammino insieme, un giorno, lo so.  

Sono passati 25 anni da quella prima volta in tenda. Siamo nell'agosto 2022. C'è un concerto all'alba di Rocco Mentissi alla foce del Cavone, a San Basilio. E d'improvviso con Delia decidiamo di andare, dormendo in tenda (una canadese di due posti, antica) e poi tornare a casa il giorno dopo. Strano farlo a 55 anni, montare la tenda, lavarsi nei bagni comuni, stare vicino al mare dove si raccoglie la gente per ascoltare il concerto. La notte non abbiamo dormito niente, ogni sassolino lo sentivamo nella schiena, ogni rumore era amplificato. Ma ne valeva la pena, per quel sole che sorge dal mare, per la musica del piano che si diffonde, per questo stare insieme così, vicini, compresi, uniti, come non sempre ci capita. E poi è bello tornare alla tenda, e passare quel che resta del giorno sulla spiaggia, sonnecchiando mentre il sole sale e riscalda, prima del rientro.

Non ho esperienze in tenda, se non queste due, momenti rubati al mio tempo passato, remoto e prossimo. Ma voi siete ancora con me, nella distanza, al telefono, nella vicinanza, qui nella casa. A parlare di noi, dei nostri sogni, delle nostre paure. Come nella tenda. 



martedì 3 dicembre 2024

Frammenti

 




Ti ritrovo nelle pieghe del giorno (ogni mattino ma solo nel dolore, non sei in altri luoghi, solo lì ti ritrovo).

Quando l'ansia cede il posto alla speranza (si apre al levarsi dal letto, ogni volta si rinnova, ma non dura).

Ho un animo borghese che si accende (quando si accende? Si accende nel dibattito su morale e immorale, ruoli e comportamenti).

Ho sognato di te, papà, e delle tue parole (alcune feriscono ancora, sanguinano le ferite date da te a me, da me a te).

Scisso. Tra vita e rancore, (tra il bisogno di vivere i vent'anni e l'odio di non poterlo fare, tra la gioia della festa e il fastidio della tua malattia).

Perché non io (ed invece l'altro, gli altri, non io, mai).

Io ricordo... No, non ricordo.

 

domenica 25 agosto 2024

Presentazioni - Ricigliano




Ricigliano - L'inchiesta Matteotti

Mi occuperò esclusivamente di alcuni aspetti di questo libro, L'inchiesta Matteotti, non di quelli propriamente storici, vista la presenza del prof. Verrastro, ben più titolato di me ad affrontare il discorso storico legato al delitto Matteotti.

Io, più semplicemente, affronterò alcune questioni legate al libro, alcune parole, che mi hanno colpito e che credo siano il punto essenziale, al di là dell’aspetto storico, del volumetto. Oggi per il libro si parlerebbe di storia locale, ma in questo caso è una storia locale legata a filo doppio con la storia nazionale ed europea. Qual è il compito che si assume il prof. Ricigliano, dunque, con questo volumetto? Lo dice bene nell’avvertenza: il compito è quello di raccontare e documentare un momento fondamentale della storia italiana e che riguarda anche il paese natale di Ricigliano, San Fele. Allora: raccontare, innanzitutto, perché entrambe le etimologie di riferimento per questo verbo (quella comune, da COMPUTARE, cioè enumerare narrando, e meglio, per me, COGNITUS, rendere noto) ci dicono che qui c’è la volontà di portare alla luce attraverso la narrazione. Ma insieme c’è anche il bisogno di documentare il racconto, cioè di fornire una prova, un indizio, una testimonianza e, ancor più, un insegnamento (da DOCERE).

L’idea del libro è insomma quella di diffusione della cultura, consapevole il Ricigliano che solo in questo modo ci possa essere crescita civile e democratica. La diffusione di cultura permette di diventare cittadini consapevoli e responsabili, non facilmente manovrabili dal potere di turno. Viviamo in tempi in cui si assiste a due aspetti pericolosi di diffusione di “notizie”, non voglio dire di cultura: da un lato la riscrittura del passato, che vuole portare a porre tutto sullo stesso piano (nazifascismo e resistenza con le stesse colpe e responsabilità nelle stragi, ad esempio), quasi arrivando a giustificare le azioni delle SS oppure facendo un uso strumentale della memoria e della storia; dall’altro lato si agisce con la dimenticanza, che pone le nostre esistenze in un perenne presente in cui il passato e il futuro non esistono più. E pongo l’attenzione anche al futuro, proprio perché la memoria riguarda anche quale futuro ci vogliamo costruire. Memoria, accanto a raccontare e documentare, è il terzo elemento di questo libro. Ricordare significa richiamare nel presente del cuore (re-cordari) qualcosa che non è più qui o non è più adesso, e che però, nel solo tornare nel cuore, rivive come sentimento concreto, esperienza diretta. Un atto che è quindi sia intellettuale che sentimentale, che permette di consultare, interrogare il passato non per fuggirci malati di nostalgia, ma per comprendere ed essere capaci di cura e responsabilità nel presente e nel futuro. Per tenere alta la consapevolezza di chi siamo, da dove veniamo e dove abbiamo la possibilità di spingerci.

I libri ben scritti in genere e questo libro in particolare allora diventano fondamentali. Questo in particolare per il suo ruolo di riflessione critica su un evento, il delitto Matteotti, così importante per il corso delle vicende storiche in Italia.

Per parlarne Ricigliano analizza il ruolo diverso avuto da due magistrati, uno di San Fele, Donato Faggella, esimio giurista, e uno di Rodi Garganico, Del Giudice, che in modi diversi hanno avuto tra le mani il fascicolo del delitto Matteotti ed in modo diverso hanno agito.

Attraverso la ricostruzione storica e documentale (molti documenti sono poi riportati nella Appendice iconografica alla fine del libro), e soprattutto attraverso riflessioni sulla importanza della memoria, come elemento essenziale per capire il presente in cui viviamo, Ricigliano analizza il comportamento dei due giudici, elogiando l’atteggiamento del Del Giudice, fedele alla legge e alla propria coscienza, e stigmatizzando il comportamento del Faggella, che ad un certo punto si mostrerà prono al Regime, anche in virtù di certi favori (come la nomina a Senatore). Tutto questo scritto sine ira et studio, senza alcuna malevolenza o pregiudizio, ma solo con la volontà di portare alla luce i fatti di cui non tutti, probabilmente anche gli stessi concittadini di San Fele, sono a conoscenza.

Permettetemi di leggere solo un passaggio della conclusione a p. 117.

Ultima cosa: punto di merito è anche la scrittura chiara, semplice ma mai semplicistica, che utilizza termini giuridici o non comuni o letterari: qualche esempio? Compulsati, psittacismo, impreteribili, crimenlese, irremeabile, indettare, prosopografico, perduellione; ma anche modi di dire per rendere più vivo il racconto come tra il lusco e il brusco; di straforo; o ancora espressioni dal latino come ex abrupto, frangar non flectar, promoveatur ut amoveatur.

Insomma, un bel libro che, soprattutto nell'importanza attribuita alla memoria per il nostro presente offre un contributo di riflessione non di poco conto.   



 




Presentazioni - Covone








Giovanni Covone - Altre Terre

Professore associato, docente di Astronomia ed Astrofisica presso il Dipartimento di Fisica della Federico II di Napoli. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Fisica nel 2000 presso l'Università Federico II di Napoli. Ha lavorato all'estero presso MIT (Boston, durante il dottorato), il Telescopio Nazionale Galileo (Santa Cruz de La Palma, Spagna) Laboratoire d'Astrophysique de Marseille (Francia), Osservatorio Astronomico di Capodimonte (Napoli) e dal 2008 è ricercatore e poi professore associato all'Università Federico II di Napoli. I principali temi di ricerca sono la natura e la distribuzione della materia oscura, l'evoluzione delle strutture cosmiche e lo sviluppo del pensiero scientifico. In particolare si interessa di cosmologia osservativa (studio della materia oscura e nelle galassie) e della ricerca di pianeti extrasolari simili alla Terra tramite la tecnica nota come "gravitational lensing". È titolare del corso di Cosmologia (presso il Dipartimento di Fisica) e dal 2019 tiene il corso "Fondamenti di Fisica e Cosmologia" per studenti della Laurea Magistrale in Filosofia. Per mio piacere è la terza volta che incontro Giovanni qui a Potenza, e sono contento di poterlo avere qui durante i suoi numerosi viaggi in giro per l’Italia.

Il libro che presentiamo è un’opera godibile, chiara, bella, premiata da una giuria composta da studenti delle scuole secondarie superiori italiane con il Premio Asimov per l’editoria scientifica 2024. La ragione di questo riconoscimento conto di farla intuire da questa chiacchierata.

1) Altre terre, viaggio alla scoperta di pianeti extrasolari è il primo libro di Giovanni. Parliamo quindi di un viaggio che è innanzitutto personale, quello di un giovane studente di fisica interessato ai nuovi modelli teorici per spiegare le prime fasi di vita dell’Universo e che, invece, grazie all’incontro con il prof. De Ritis intraprenderà il percorso della ricerca dei pianeti extrasolari. Allora vorrei chiederti innanzitutto come hai iniziato ad occuparti di astrofisica ed in particolare del campo della ricerca dei pianeti extrasolari.

2) Il secondo aspetto di questo viaggio affascinante è quello che riguarda la scienza. Personalmente sono rimasto colpito da due storie del libro e che vorrei tu ci raccontassi anche in relazione alla loro importanza ai fini della ricerca: quella di Van de Kamp e quella di Campbell.

3) Con queste due storie, Giovanni, abbiamo parlato di insuccesso, di errore, di sfiducia. A volte siamo portati a credere che la scienza sia fatta di “magnifiche sorti e progressive” come scrive ironicamente Leopardi ne La ginestra. In realtà tu racconti tanti insuccessi ed errori nel libro (Jacobs, Lyne…). L’errore è la base per “mostrarci la strada della verità” e per il progresso successivo?

4) Il cuore del libro a me sembra essere la vera e propria domanda su altri abitanti nell’Universo. A questo punto del nostro percorso di ricerca, “siamo soli nell’Universo”? A che punto siamo tra il paradosso di Fermi (che durante una discussione informale nel 1950, espose un interrogativo che ancora oggi rimane senza risposta certa: “Dove sono tutti?” riferendosi all’apparente mancanza di prove conclusive dell’esistenza di civiltà extraterrestri, nonostante le possibilità teoriche di vita nel cosmo) e la convinzione di Struve sulla grande probabilità che molti miliardi di pianeti della Via Lattea ospitino forme di vita intelligente?

5) Ci sono molte altre storie interessanti nel libro che riguardano i pianeti: la storia del declassamento di Plutone, i pianeti “perduti”, i pianeti che orbitano intorno ad una pulsar, i gioviani caldi, le super-Terre. A che punto siamo nella ricerca dei pianeti extrasolari?

6) Un libro nel libro, Giovanni, potrebbe chiamarsi Altri libri o le avventure dello scrittore. Ci sono tanti riferimenti ovviamente alla filosofia, che per prima si è interrogata sull’Universo, ma poi anche alla letteratura (Leopardi, Montale, Asimov, Edgar Allan Poe, Calvino, Levi, Dante, De Luca…). Quanto entrano in relazione l’immaginario letterario e cinematografico (citi Interstellar, 2001 Odissea nello spazio, Star wars) e la ricerca scientifica in senso stretto?

7) Mi raccontavi, l’ultima volta, che oramai l’osservazione astronomica non è più fatta come ai tempi di Galilei, direttamente col telescopio, ma analizzando dati trasmessi ad un computer, secondo tecniche diverse: microlensing gravitazionale, transiti fotometrici… e con strumenti diversi (giganteschi telescopi terrestri, telescopi orbitanti, radiotelescopi). Qual è il punto sulle tecniche più promettenti nella ricerca dei pianeti?

8) Tornando al libro. Come ti è venuta l’idea di corredare il libro con figure, disegnate da te, che esplicitano alcune idee presenti (un po’ come le incisioni di Galileo nel suo Sidereus Nuncius)?

9) Nel libro si fa cenno anche alla scoperta di TOI-700d, il primo “gemello” della Terra, come è stato definito anche con toni sensazionalistici dalla stampa. È realmente un pianeta simile alla Terra o allo stato attuale non abbiamo modo di sapere esattamente come sia fatto?

10) Per tutta la serata ci abbiamo girato intorno, come un pianeta intorno ad una stella. I pianeti diciamo abitabili, anche se esistessero (ma la Natura ci ha sorpreso con tanti altri tipi di pianeta) non sarebbero raggiungibili, si troverebbero a distanze siderali da noi. E allora: a che cosa punta la ricerca? È dettata solo dalla curiositas? Dall’inesausto desiderio di conoscenza del genere umano? O solo per capire la casualità, la fragilità e l’importanza del nostro “pallido puntino blu”?



Presentazioni - Gallo Moles



Gallo Moles - Voci di donne

Ho incontrato questo libro per caso, perché Luciana è la nonna di una mia ex alunna e perché mi ha detto che, in qualche modo, la sua scrittura era nata da un esercizio che avevo dato a Ludovica, la nipote. Questa è la premessa. Ma cosa mi ha colpito del libro? Partiamo dal titolo. Voci di donne. Dare voce alle donne. È già indicativo degli intenti, dare voce a chi “normalmente” non ce l’ha. Credo sia il primo aspetto meritorio. In un tempo in cui le voci delle donne sono cancellate, le donne sono cancellate un libro del genere è importante.

Ma quali donne? Ecco, qui mi sembra appaia chiaro un intento didattico. Luciana, insegnante, esperta di didattica, sceglie voci di donne note, famose, o meglio famigerate, che possano avere anche un uso didattico: da Eva a Cleopatra, da Aspasia a Didone, da Beatrice a Fiammetta. Dieci voci di donne che sono state raccontate da uomini e che qui invece prendono corpo. O meglio: il racconto è fatto su due piani; Chi dicono che io sia, dove, attraverso una ricca disamina delle fonti, l’autrice fornisce il quadro critico di ciò che è stato detto su queste figure femminili. Sono per la maggior parte dei casi voci di uomini che le hanno raccontate. La seconda parte è Chi dico che io sia: questo è, invece, un gioco letterario interessante, perché è una reiterpretazione, un esercizio insieme fantastico e critico.

È un esercizio che propongo spesso ai miei alunni, mutuato sulle interviste impossibili (o colloqui fantastici postumi) di Umberto Eco o Italo Calvino, ma qui l’intento è anche civico, cioè assume il punto di vista di chi è stato raccontato ma non ha mai avuto una propria voce, di chi ha assunto, in virtù di quel racconto scritto su di lei, una forma definitiva, qui indicata dal termine che accompagna il nome (adultera, angelicata, etera, peccatrice…). Penso a Laura, a Beatrice, a Francesca da Rimini (che sono le figure femminili su cui spesso faccio esercitare i miei alunni), ma anche Lesbia o Medea.

Permettetemi questo inciso: c’è un libro di Christa Wolf che si intitola Medea, Voci, che rilegge il mito euripideo della maga della Colchide alla luce di fonti pre-euripidee e che scagiona completamente Medea (a cui potremmo aggiungere il termine la straniera per non usarne uno peggiore) dalle terribili colpe che le vengono attribuite. Attraverso una serie di voci (tra cui anche quella di Medea stessa), la donna traccia un quadro del tutto diverso del mito, «una donna travagliata sì dall'amore, ma ancor più dall'incapacità degli abitanti di Corinto di integrare una cultura come quella della Colchide, per sua natura non incline alla violenza. Non un'infanticida dunque, al contrario una donna forte e generosa, depositaria di un remoto sapere del corpo e della terra, che una società intollerante emargina e annienta negli affetti fino a lapidarle i figli» (Anna Chiarloni, Postfazione).

Ecco. Questo secondo me è il compito di un esercizio del genere: mettersi nei panni di, fare un esercizio critico su, dare voce a chi non ce l’ha se non attraverso gli altri. Il punto di vista della Beatrice di Dante e della Laura di Petrarca diventa gioco ma soprattutto esercizio di comprensione. E anche rovesciamento di luoghi comuni. Fa comprendere magari realtà negate a quelle donne e uomini, rovescia storie raccontate in un certo modo. Certo, c’è bisogno prima di acquisire conoscenza di ciò che dice l’autore, di ciò che racconta il mito, di ciò che scrive la storia per poter cercare di comprendere e rovesciare dei modi di vedere codificati.

Esercizio meritorio, dunque, tanto più se si dà voce alle donne, da sempre indicate con stereotipi di seduttrici, prostitute, peccatrici o, al contrario, di angeli, pure e beatificanti.

Un ultimo punto vorrei brevemente toccare: la parola. Qui, ovviamente, siamo in presenza di figure note della storia, della letteratura, del mito, ma attraverso di loro prendono voce le altre, quelle a cui viene negata la parola, e negare la parola significa cancellare, negare il volto, l’esistenza, la vita stessa. Ridare voce a chi voce non ha. Tra le pieghe del testo, anche tramite le parole di altri scrittori. Si ridà dunque la fisionomia a quei milioni di volti spesso dimenticati, gli assenti. Come scrive Hans Magnus Enzensberger



Non li ha inghiottiti la terra. Era l’aria?
Come le arene del mare innumerevoli; non in arena
però conversi ma in nulla. A schiere
dimenticati. Spesso e di mano in mano,
come i minuti. Piú fitti di noi
ma senza ricordo. Non registrati,
non decifrabili nella polvere ma scomparsi
i loro nomi, i cucchiai, le suole.

Noi non li compiangiamo. Non può nessuno
rammentarsi di loro: sono nati,
fuggiti, morti? Dissolti
no. È senza lacune
il mondo ma lo tiene insieme solo
quel che non l’abita piú,
coloro che sono scomparsi. Essi sono dovunque.

Senza gli assenti, nulla ci sarebbe.
Senza gli esiliati, nulla sarebbe saldo.
Senza gli incommensurabili, nulla di commensurabile.
Senza i dimenticati, nulla di certo.

Gli scomparsi sono giusti.
Cosí anche noi in un’eco.