domenica 6 marzo 2016

Piccolo canzoniere d'amore (1986 - 2008)





Small Sweet Smile

C'è stato un tempo in cui ho pianto
‑ ancora dura ‑
solo giravo impazzito gridando
«Ah begli occhi, begli occhi».
Tu, piccolo dolce sorriso.

Vennero gli amici e mi derisero.
giunsero i parenti e si fecero beffe
di me. Un tempo sono morto, che non è più...
Tu, piccolo dolce sorriso.

Un vento di giugno mi afferrò
e fece scricchiolare i miei rami,
un vento che lenì il mio dolore,
accarezzò le mie ali...
Tu, piccolo dolce sorriso.



***

Tu sei la sabbia al mattino quando
il sole si sveglia e comincia a scaldarla.
Nessun'orma ti ha calcata, non un passo
ti ha sfiorata. Sei la sabbia nuova
portata dal mare, il vento d'agosto
che sconvolge la riva, la luna
che si specchia serena. Nell'alba ti svegli
stirando il tuo corpo nel sole.
Tu non sai l'angoscia dei giorni,
non le veglie ed i sogni, non conosci
il tormento del mare d'inverno.
Tu sei la sabbia, il fondo calmo del mare.
Al mattino non hai pentimenti.
non conosci l'orrore, sei il riposo la sera,
quando dalle tue profondità inesplorate,
torna a sorridere la vita.



* * *

Il tuo viso è un riflesso nel buio,
bianco sorriso su volto informe,
specchio d'acqua irriflesso.
Tu, così distante da me,
occhi aperti nel buio,
lunghi capelli scendono
nella notte su corpo invisibile.
I miei occhi, specchio morto,
non vedono oltre se stessi,
persi nei cunicoli della mente.
Ma per le mille strade che la compongono,
frammenti riflettono all'infinito
bivi e luci lontane. Imposte chiuse
sul mondo, sola con i tuoi gesti.
E se chiudi gli occhi..
Ecco, vedo il tuo viso riflesso nel buio
‑ medusa. sguardo fatale, notte di abissi.
Luce, fuoco, cecità.
Il tuo viso è un riflesso nel buio.


Quando ci prende la paura...
Disincanto, quando languidamente
si sciolse i capelli nel buio della
stanza e non trovò altro che ombra
di quello che era stata e lo sguardo
che non riconosceva. Labbra tese
nello spasimo inutile, nel grido
che emerse quando smise il canto.



Il dubbio dell
'amant

Oppure no, non è questo che intendevi
quando, cambiando marcia mi hai
sorriso. Non il desiderio ‑ mani
tremanti frenate ‑ ma le dita,
quando tutto era già franato,
anche la vita. Altro non chiedevi
che la salvezza ‑ come in preghiera -
dei ragazzi, tua sola anima vitale,
e di me, tuo arbusto nodale...



Improvviso la notte ai tuoi occhi

Eppure io non capivo il gesto del capo,
- piegandosi piano al raggio di sole
stanco di penombra ammuffita -
che chiedeva ragione di silenzi improvvisi,
di occhi smarriti
che cercavano altri sguardi,
un segno di vita
che a te lentamente mancava
E quando ballavi scomposta
tra alberi erosi dal vento
mentre pioggia inattesa bagnava i tuoi resti,
ancora mi fermavo stupito
- e ridevo.

Parole - che tu non volevi sentire -
il mio unico dono,
oppio che stordiva la mente
di te che gridavi,
che chiedevi la mano di me
- misero arbusto a cui ti attaccavi
mentre il giorno moriva -
che chiedevo la vita.



La tomba

Fu quello, allora il muro 
del silenzio che si strinse attorno
a mormorii indistinti che spregiavano 
la luce.
              Costruire, pietra su pietra,
la tomba di voci che ricoprì di terra
il tuo ricordo che anelava la vita.



Finale

Perduta infine, crollata intera
all'erosione del tempo, se non temi
l'orrore delle lente sparizioni,
o se uno squillo improvvisamente
riporta del telefono leggera
la mente, e quando scomposto tremi,
o se allontani dal centro gli sproni
per tremore di lampadine spente
dopo lunga fedeltà privo il canto
ma nell'intanto ricomposta intatta,
nuova, lì dove meno mi appartieni
se poi a madeleine, unico vanto,
mi appoggio nella memoria sfatta
da tanto abominio, perché non vieni? ...



Passerà un sogno...


Hai perduto un sorriso,
smarrito tra i resti del giorno
nei mozziconi di parole arrese,
disperso tra chiacchiere e realtà.
Ma stamane l’ho trovato
sorpreso di essere vivo, ancora,
nello sguardo smagrito
del respiro acceso da te.

Oppure tornato, come un dono
lasciato alla porta
che bussa piano, senza fragore,
l’eco sereno di te che guardi
lontano, aspettando i miei gesti
sorprendendoti di nuovo
tra le fatiche del sole nell’attesa,
disperata, dell’incontro.



Una tomba

Sì, sì, lo so ma è che, d’improvviso, manchi
a me che cerco le tue ceneri stanche
tra questi visi assassini, anonimi
tra cui giro a vuoto, nella quête,
disperata, di ciò che era…

Sì, sì, lo confesso, non è te, no
non te che ricerco guardando
nomi e lumini tra il caldo che inghiotte
ogni odore, ogni speranza che sia
solo di fresco, la penombra di te,
smarrita, nell’oggi…

Sì, è vero, non il presente
ma nemmeno il ricordo di ieri
che scavo qui tra volti stranieri,
e tutti quei nomi, vite deluse
e speranze mancate – sarai
sempre nei nostri cuori –
solo la parola che vivevo,
la radice del sorriso nascosto
di te a cui ancora anelante
tende la vita perduta…

Sì, sì, d’accordo, passo a passo,
anche se non rispondi e io no
non chiamo, nel vuoto dei pensieri,
il rumore come cancro che rode
il cuore e niente rimane se non
l’errore del dire, mentire ancora
la paura…

Sì, il perdersi (svenire o svanire?)
tra queste tombe dove non ci sei,
ormai perduta, intatta, dentro me.



Tracce

Cerco tracce di te - dalla memoria
torna il tuo viso affilato – parole
gettate sono un guanto di sfida,
il nome affogato nella rete
tra tanti, come l’attimo bloccato
nella camera oscura. Ma tu non sei
lì, non torni vitale in quel luogo
malato, a che serve fare luce,
polvere stagna sotto i poveri
armadi… Ecco: il mare cancella
con un ultimo slancio la traccia
lasciata all’alba sulla spiaggia.



Nel tuo sangue

No, non è te che cerco
tra le pieghe del viso
ma l’io di ieri, nel sorriso
corolla, luce che stilla…

No, non è il tuo sguardo,
è il mio, riflesso, lo specchio
geme, la crepa della maschera
resiste, è un ghigno…

No, non è tuo il dolore
nella pancia, la lama
che sfianca, stride, sono io,
ancora, nel tuo sangue, non tu…



Due variazioni su tema

*

Assale d’improvviso
la tua andatura sghemba
sul ponte, gli occhi nascosti
nel sorriso che si apriva
alla carezza.

È che non ci sei,
non torni nei giorni pigri
perduta tra le chiacchiere
del bar, divorata
nel lento masticare del cuore
                                          … amore.


**
Assale all’improvviso la sghemba
tua andatura sul ponte, incerta
su tacchi a punta lenta col lembo
del vestito, oh, appena aperto.

L’incanto del viso immobile da tempo
ritorna come spina, rosa, tormento.
Assale nell’incerta luce di un empio
giorno, uno stormo spinto dal vento.

Pieni gli occhi del sole nel canto
di primavera ma già la tua sera
s’annuncia nell’ansare del tuo petto,

lo sguardo svagato d’un velo s’ammanta
tarda il tuo passo a raggiungere la vetta
divorato il mio cuore più non spera.



Il tuo viso sfatto di pioggia

Verranno a chiedere qual era il nome,
che cosa portava – col suo motorino –
il postino in quel pacco bagnato,
perché alla porta non aprivo,
che cosa temevo raccolto in quel lago
di tenebra, la stanza, che demone
apparve quando urlavo, cosa gridavo…
Verranno, lo sai, ma non l’ospite,
atteso, il lui-lei non ci sarà,
non sarà alla porta, nemmeno
il suo viso sfatto di pioggia.

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