sabato 10 ottobre 2015

Sul ciglio della felicità






"Felicità, vurria sapè ched'è chesta parola, vurria sapè che vvò significà.
Sarrà gnuranza 'a mia, mancanza 'e scola
ma chi ll'ha 'ntiso maje annummenà"


“E la felicità?” – mi chiedevi. “Sai scrivere di felicità? Sono così tristi le cose che scrivi”.
Allora non ti ho risposto. Vivevo. Ero felice. Oggi ti direi che non so scrivere se non di ciò che ho vissuto o vivo. Soltanto un evento che è sangue e carne mia accende qualcosa, un pensiero, un verso, anche solo un desiderio di scrittura che rimanga per me, un domani, quando non potrò più viaggiare, incontrare persone, scrivere. Solo così potrò ritrovare voci e luoghi, tutto quel mondo che urla e brucia in me.
Ricordo, vivo, immagino, sento…

Il ricordo è la pietra sulla quale ho costruito il presente; ma quella pietra è, spesso, inciampo al vivere di oggi. Così immagino scenari diversi, quello che sarebbe potuto essere e non è stato, evoluzioni che hanno senso solo nel mondo "altro" che abito con i pensieri ma che sento in maniera autentica, con trasporto.
…lo stridere che coinvolge il mio volere e il mio riuscire…

Ora scosso da inquietanti spasmi di infelicità cerco, come un'ossessione che non concede respiro, il significato del suo contrario sentire.

…e se la felicità fosse solo un'aspirazione, se fosse solo un porto immaginario, il traguardo atteso, il sogno vissuto tra calde lenzuola e avvolgenti ninne nanne?!

Felicità. Ogni esistenza vissuta è attraversata, più o meno spesso, da momenti di felicità che appaiono infiniti eppure insaziabili nell'esatto istante in cui siamo chiamati ad assaporarne il gusto. 

MOLTI tra questi momenti di felicità sono dovuti alla fortuna, alla non scelta condizione che ci è dato di vivere, a quanto ci è stato riconosciuto e concesso gratuitamente e solo perché siamo nati in quella particolare famiglia, in quel determinato momento storico e in quel determinato angolo del mondo. A dispetto di ciò e dell'azione della bendata fortuna posso dire, però, che TUTTI i momenti di felicità sono governati dalla volontà e dal coinvolgimento, perché per essere felici occorre davvero volerlo. Volontà e fortuna. Fortuna e volontà. 

Ritorno a me, al malessere che ora mi assale e mi sforzo di carpire il senso di quest'incessante stridere che coinvolge il mio volere e il mio riuscire...

Eppure c’è, nella felicità più piena, nella gioia sfrenata della tua danza tra gli alberi, un senso di fine, la percezione che non può durare. Non so bene se questo è legato per sempre alla tua morte, al fatto che quella viva felicità, posso dire la prima provata in età cosciente, “adulta”, sia stata macchiata dal dolore più grande, quello che ti toglie tutto e ti lascia gemente tra fiori e lumini.

Ma anche allora, quando, inconsapevole del male che ti rodeva le viscere, ti cercavo nei giorni frenetici, i giorni arsi dei miei diciotto anni, assaporando le tue labbra, c’era qualcosa, un tarlo, un grumo mai sciolto di sangue che martellava le tempie. Era la paura di non poterti dire mia. Troppo altro intorno. Un marito, dei figli, un mondo che ci giudicava severo con gli occhi suoi di condanna.
Cerca, mente, scava, trivella…felicità, dove era la felicità?

Ma io ho imparato a scovare la felicità anche nel buio più pesto, anche quando tutto sembrava perso… Sempre più giù, nel fondo. Ma può bastare?

Per troppo tempo ho ripetuto le stesse azioni: la ricerca di una felicità impossibile, amori già finiti prima di cominciare perché minati dallo spettro di te persa tra la folla. Eppure perseveravo: la felicità, dicevo, è qui, dietro quel volto che mi sorride. Un fallimento, una morte non può annullare tutto. Dimenticavo spesso che nella mia ansia di felicità rischiavo di rendere infelici altri. Dimenticavo che per essere felici, veramente felici, non bisogna far soffrire nessuno, mai.
…lo stridere che coinvolge il mio volere e il mio riuscire…

Ho sofferto. Ho fatto soffrire. Anche quando non volevo. Credevo. Speravo. Volevo. Incommensurabilmente. Volevo. Volevo a tutti i costi e rovinavo tutto… Volevo per riuscire tenacemente a preservare l'humus della mia felicità. Ma era il cuore, come sempre, che si lanciava avanti. La mente era dietro. Uno spazio enorme li divideva. Quando arrivava era tardi. Già tutto accaduto. Solo le cose da riconsiderare, rimettere in piedi, cercare di rimediare per continuare ad essere felici.

Oppure no: non era il cuore a prevalere ma la volontà. Sì, il desiderio assoluto di essere felice…mente ti prego non giudicare…di godere a pieno quei momenti di felicità…mente, non ora, non valutare…momenti inafferrabili, poi perduti, dei quali ho custodito solo frammenti. La volontà si, una volontà-uncino alla quale aggrapparmi, che lacera e sostiene, ma non dà sollievo.
…lo stridere che coinvolge il mio volere e il mio riuscire…

«Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità» (Epicuro)

La volontà consapevole cede spazio alla volontà distratta, i confusi pensieri che affollavano l'enorme spazio tra mente e cuore diventano nitidi, il frastuono delle sensazioni non disorienta ma è indizio per capire e tentare di saldare ogni frattura.

Ho imparato. Ho imparato, nel tempo, felicità diverse. Un sorriso ricevuto. Due occhi stupiti aperti sul mondo come una domanda. Una voce che improvvisa arriva dalla distanza ad annunciare incontro. L’ammore (sì, ammore) degli altri, quello che è il contrario di uno e che non è soltanto due; quello che ti dice di condividere e unire, quello che è parola e silenzio ed annulla l’indifferenza, quello che illumina. Una piccola mano che stringe la tua.

Ecco che partorisco spontanei sorrisi e spiego la fronte, prima corrucciata, in un'espressione candida e di sollievo. Provo felicità; felicità per il ravvivato ricordo delle gioie vissute, per i dolori affrontati e superati, per la tenacia che anima la resistenza di fronte alle tensioni nuove e ai singhiozzi sommessi, felicità per la possibilità di essere migliore e, soprattutto, di essere per gli altri un "significato" positivo capace anche di trasfondere felicità.

«Non si dà vita felice senza che sia intelligente, bella e giusta». (Epicuro)


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Pubblicato su «soglie» sotto il nome di nuvola di vento, lo scritto è frutto di un laboratorio teatrale tenuto a Viggiano nel 1997.


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